Prima al Club poi a Cannes

Pippo Delbono alla Semaine de la Critique è tra i protagonisti di PIÙ BUIO DI MEZZANOTTE di Sebastiano Riso Mercoledì  14 maggio alle 20.30 ha presentato al Club Amici del Cinema SANGUE film d'apertura di Poevisioni - Festival  Internazionale di Poesia 2014
Regista ligure acclamato soprattutto all’estero, uomo di teatro alla continua ricerca di nuovi linguaggi artistici, arrivato al suo quinto lungometraggio da regista si concede ad un pubblico d’essai nella cornice intima del nostro amato cineclub di sampierdarena.
Sangue, film diretto e interpretato dallo stesso Delbono, non ci racconta una storia ma un viaggio nel profondo di due vite che condividono il sentimento di una perdita lacerante. Girato con un cellulare e una piccola camera che è estensione e protesi del suo corpo, filma la morte della madre Margherita. Con lui Giovanni Senzani, uno dei capi delle Br nel periodo più difficile della nostra storia repubblicana, che affronta la morte della moglie Anna ammalata di cancro.

Il mio cuore batte, il tuo cuore batte, il suo cuore batte… allo stesso identico modo, può avere un ritmo regolare, andare all’impazzata o sembrare fermo come ad imitare un altro cuore che smettendo di pulsare gli fa provare un dolore così grande da avvicinarlo alla morte. Ed è proprio in quei momenti che la vita entra nella morte avvicinandosi talmente tanto da confondersi con essa.

Pippo Delbono nel suo ultimo lungometraggio ci fa scardinare le consuete barriere registiche attraverso un cellulare facendoci sentire e vedere nel profondo, conducendoci per mano fino al limes più estremo. Condivide se stesso, ci fa capire l’uomo dietro l’azione, aiutandoci a cercare la verità che teniamo nascosta. Non assolve il passato, considera il presente e ci invita a valutare cosa siamo diventati, come il nostro passato è diventato il nostro presente e lo fa dandoci tutto il tempo necessario per riflettere e per guardare con partecipazione la vita attraverso la morte. Il regista ci chiede di ballare con lui questa danza con la morte per ritrovare la vita; ne parla senza paura e non solo per la provocazione del non essere seguace del politicamente corretto. Le morti, le stragi non si possono dimenticare ma se qualcuno ricerca nel film una chiara commemorazione allora finirà per non comprenderne il vero senso di quest’opera che richiede uno sforzo comprensivo maggiore per vedere quelle vite spezzate ingiustamente non al margine di un pentimento ma presenti in quello sguardo sfuggente, nella mano che trema, quella stessa che ha tolto la vita uccidendo anche se stessa.
Il presente è doloroso e allo stesso tempo illuminante.
Al film fa da cornice l’Aquila, la città nutrita di menzogne, la città tradita che giace tra le sue rovine, apre e chiude come un sipario a dirci che qualsiasi cosa andrà in scena lui sarà lì a contenere tutto l’Umano che è vittima e carnefice di se stesso. Metafora di un Paese che impotente, resta abbandonato in un angolo.

Molte le persone che ieri sera hanno deciso di essere presenti a questo importante appuntamento.
La serata è stata introdotta come di consueto da Giancarlo Giraud che ha presentato gli ospiti.
CLAUDIO POZZANI Direttore del Festival della Poesia ha informato il pubblico degli appuntamenti che caratterizzeranno questa nuova edizione della rassegna genovese da venerdì 6 a sabato 16 giugno.
MAURIZIO FANTONI MINNELLA varese ma genovese d’adozione, ha collaborato altre volte con il club Amici del cinema come lui stesso ricorda. Scrittore, film maker e critico cinematografico appartenente da più di vent’anni al Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani ha spiegato il suo primo incontro con Pippo Delbono durante le riprese di Guerra, il suo primo lungometraggio da regista nato dalla tournée teatrale in Palestina e Israele. Su Sangue di cui ha seguito i lavori dice “afferra l’idea di realtà che mi ero prefissato e racconta un doppio dolore e un’amicizia di fondo tra il brigatista Senzani e Delbono, uno dei motivi per il quale il film è stato fortemente osteggiato anche dall’ala più progressista”.
DELBONO ricorda invece chi lo ha criticato alla prima di Sangue al festival di Locarno ma anche chi come il gesuita Virginio Fantuzzi, con cui ora ha iniziato una collaborazione artistica, ha compreso e apprezzato il suo lavoro.
Il film viene proiettato e al termine si ha modo di sentire da subito e senza sollecitazione le prime reazioni a caldo; c’è chi sentitosi toccato si dichiara profondamente indignato dal film tanto da lasciare la sala con parole forti rivolte allo stesso Delbono. Dopo alcuni minuti di acceso dibattito gli animi si placano grazie ad un commovente intervento di una donna del pubblico che visibilmente emozionata ringrazia il regista per averle fatto rivivere momenti forti della sua vita con un’infinita dolcezza. Il dibattito condotto dal critico cinematografico Massimo Lechi si sofferma a lungo su una delle questioni centrali suscitate dal film ovvero se l’artista in quanto detentore della prerogativa di superare il confine tra vita e morte attraverso un’arte che è finzione per etimologia lo faccia con diritto o meno utilizzando la vita vera. Delbono spiega allora la sua concezione di arte chiarendo chi è l’attore per lui e cosa rappresenta e lo fa paragonando l’attore ai dervisci, danzatori asceti che ruotano su se stessi distaccandosi da tutto ciò che è materia; come sua madre non possono essere etichettati come attori se si considera questo termine dal punto di vista più convenzionale e accademico ma sono invece dei meravigliosi, perfetti e insostituibili attori se si considera l’attore come qualcuno capace di abbandonarsi completamente  a se stesso.    
Molte le persone intervenute e altrettanto curate le risposte di Delbono che non ha deluso quanti si aspettavano una serata diversa.
Vi aspettiamo alla prossima!
Barbara Ghersi

 

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